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Il dottore degli alberi

A colloquio con Andrea Maroè, il Team Leader di Superalberi, un’azienda di arboricoltori che, con tecniche di tree climbing e con criteri di sostenibilità ambientale, cura, pota e censisce le grandi piante monumentali, ma si occupa anche di divulgazione naturalistica e cerca di avvicinare giovani e meno giovani al misterioso mondo dei grandi vegetali della Terra

20 Luglio 2015

Lavoro su piante

@ SUPERALBERI

"Ci sono alberi che viaggiano nel tempo. Prendi il Ginko biloba: è un albero antichissimo, le cui origini risalgono al Permiano, a 250 milioni di anni fa. E, nel patrimonio forestale della Terra, non si tratta affatto di un caso unico. Non ci si pensa mai, e quindi è difficile rendersi conto di quanto i grandi alberi siano molto più forti di noi e riescano ad attraversare il tempo. E di come siano capaci di crearsi da soli il suolo in cui affondano le radici, il clima locale e le condizioni ideale per vivere. Per me i grandi alberi sono presenze affascinanti".

Andrea Maroè, 49 anni, di Tarcento in provincia di Udine, agronomo, docente certificato di arboricoltura ornamentale urbana, istruttore master di tree climbing e ispettore DPI 3° categoria Petzl, è il Team Leader di Superalberi, un’azienda di arboricoltori che, con modalità ecosostenibili e con tecniche di tree climbing, curano, potano, censiscono gli alberi monumentali, eseguono perizie di stabilità, si occupano di educazione ambientale, documentazione e divulgazione della materia.

@ SUPERALBERI

"Superalberi è nato due anni fa", spiega Maroè,"è uno spin-off dell’azienda precedente, Verde verticale, fondata nel 1994, da me e da un amico che oggi non c’è più, Andrea Mocellini. Oggi siamo in sette, cinque uomini e due ragazze, e lavoriamo a 360°, dall’educazione ambientale alla formazione degli arboricoltori, dalla divulgazione scientifica alla potatura dei grandi alberi. Due di noi, chi ti parla e Antonio Morini, responsabile dei corsi professionali, sono dei veterani dell’attività; gli altri sono tutti più giovani. In azienda, ciascuno ha un compito specifico, anche se tutti devono saper arrampicare e aver ottenuto il patentino, anche chi si occupa della comunicazione e dell’amministrazione. Ma attenzione, la tecnica del free climbing, per noi, è solo un mezzo: al primo posto ci sono l’albero e la cultura, quella tecnico-scientifica ma non solo, necessaria per relazionarsi con le piante".

"Come e quando ho cominciato? Non si è trattato di una scelta, ma di un percorso che mi si è dischiuso davanti agli occhi in modo naturale. Mio padre, a Tarcento, gestiva un vivaio di piante ornamentali, e io sono cresciuto tra gli alberi, lavorando assieme agli altri. Avevo una parte del vivaio tutta per me, e imparavo: facevo innesti, riproduzioni, talee. Poi ho studiato, mi sono laureato in agraria, e ho continuato, lavorando per un po’ di tempo sempre a terra".

I tuoi inizi come tree climber?

@ SUPERALBERI

"Un giorno, una cliente mi chiese di dare un’occhiata a un suo vecchio albero. Non sapeva neppure cosa fosse, le avevano detto che era una piantaccia che si stava ammalando e che doveva farla abbattere. Si trattava di una sequoia. Chiamai un’azienda specializzata, che arrivò con camioncino e cestello ma, nonostante le mie indicazioni, i tecnici fecero danni, anziché curare davvero la pianta. A quel tempo io arrampicavo e facevo speleologia. Così pensai che, se volevo dedicarmi ai grandi alberi, per me sarebbe stato meglio usare tecniche di salita che già conoscevo e che avrei potuto applicare nel mio lavoro. È stato così che ho cominciato. In quegli anni, nessuno parlava ancora di tre climbing, anche se negli Usa qualcuno già lo praticava. Ma Internet ancora non era arrivato, e le notizie circolavano con lentezza. Ricordo di aver partecipato, in Lombardia, a un corso di “arrampicata su albero”.

L’istruttore era uno speleologo. Ci siamo ritrovati in 7-8 ragazzi, tutti capaci di arrampicare. Alla fine abbiamo messo assieme esperienze e conoscenze, ed è nato il "metodo italiano", che era appunto costituito da tecniche derivate dalle manovre della speleologia e dell’arrampicata. Ma già allora qualcuno parlava di un metodo americano da praticare con la doppia corda. Oggi di solito si insegnano entrambi i metodi, che possono comunque essere integrati l’uno con l’altro: quello a corda singola, ottimo per la risalita, e quello a doppia corda, capace di maggior stabilità durante il lavoro, La cosa più importante, in ogni caso, è sapersi muovere e lavorare in perfetta sicurezza. Da trent’anni io uso la corda singola, ma qualche volta faccio ricorso a quella doppia".

A parte Antonio Morini, che hai già citato e che possiede una lunga esperienza sul campo, da dove provengono i ragazzi del team?

"Dal liceo scientifico, da ragioneria, dalla facoltà di Lettere… uno di loro è agrotecnico. Una delle due ragazze arrampica, ma è l’unica: gli altri hanno imparato a muoversi sulle corde facendo i corsi. Per imparare bene il mestiere ci vuole una manciata d’anni".

Si diceva dell’attenzione all’ambiente…

"È una pratica costante. Utilizziamo biciclette a pedalata assistita in grado di trainare carrelli carichi di materiali e strumenti, evitiamo il camion, che compatta solo il terreno alla base degli alberi, e attrezzi che funzionano a energia pulita. E ovviamente motoseghe a batteria, perché non facciamo abbattimenti, ma solo tagli selettivi: si accendono in un secondo e, per il nostro lavoro, un paio di ricariche sono sufficienti per un’intera mattinata. I nostri interventi sono ecosostenibili, per quanto riguarda le tecnologie impiegate; ecologici, nel rispetto totale dell’albero; ed ecosolidali, con prezzi trasparenti e ricarichi minimi".
 

@ SUPERALBERI

Dove lavorate?

"Un po’ in tutta Italia, anche al sud, ovunque ci siano alberi monumentali, nei giardini botanici… Personalmente, prima di imbarcarmi nell’avventura di Superalberi, sono orgoglioso di aver lavorato sul Castagno dei cento cavalli, alle pendici dell’Etna, che ha una circonferenza impressionante: 22 metri. Una volta aveva sette fusti, ora tre, che sembrano polloni nati dalla stessa ceppaia. La sua età è valutabile intorno agli 800 anni. Ma potrebbe averne molti di più. Vent’anni fa abbiamo proposto l’esame del Dna, per capire se i tre fusti fossero uguali. Le analisi furono eseguite dall’Università di Udine, con cui collaboro tuttora. Il verdetto fu che i fusti sono molto simili, ma non totalmente. È comunque possibile che siano nati dai semi della stessa pianta. Di recente, a un convegno specialistico, un luminare mi ha spiegato che quel castagno potrebbe possedere cellule mutagene. E, data l’età dell’albero, il fatto che un ramo sia un pochino diverso dall’altro ci sta. Se così fosse, e se tutto fosse partito da un solo fusto, allora il castagno potrebbe essere molto più vecchio e sfiorare i 3000 anni d’età".

Incredibile… 

"Davvero, questa è uno dei lati più affascinanti del nostro lavoro, perché ti ritrovi anche a fare lo storico e addirittura l’archeologo. Gli alberi antichi mi affascinano: in Australia, ho conosciuto i Kaùri (l’Agathis australis), imponenti, altissimi, che vivono 1000, 2000 anni. Ne sono stati rinvenuti esemplari fossili che, grazie al radiocarbonio, sono stati datati a oltre 45.000 anni fa. Oggi per fortuna sono protetti. Poi ci sono state le gigantesche sequoie americane, con tutte le avventure correlate.

Ad ogni buon conto, l’albero che forse mi ha affascinato di più (non ci ho lavorato, l’ho solo frequentato) è il Pinus aristata, il bristlecone delle White Mountains, in California. Vive ad alta quota (io sono salito fino a 3300 metri di altitudine), lontano dall’uomo. Non è altissimo – 15, 18 metri – e sembra un macrobonsai. Il più vecchio di quegli esemplari, Mathusalem, ha più di 4800 anni. Incredibile. Se penso che uno solo dei suoi rametti, il più giovane, poteva avere 40 anni, e che io all’epoca ne avevo solo 35… E poi quei tronchi porta incisa sulla corteccia una storia di stagioni fredde, di gelo, di fulmini. Sono davvero piante che ti fanno sognare".

@ SUPERALBERI

E in Italia?

"Potrei citare il gigantesco Ficus Macrophylla di piazza Marina a Palermo, un altro gigante straordinario, il ficus più grande d’Europa. Quando ci sono salito, ho scoperto che aveva già predisposto una seconda fila di ramificazioni da utilizzare nel caso in cui un evento atmosferico estremo, che potrebbe mutilargli la chioma. Ed è un albero che cammina: fa scendere dall’alto delle radici aeree che si piantano nel suolo e che creano nuovi fusti! Tutti gli alberi, nel lungo periodo, si muovono, mettono nuovi rami, si postano a cercare la luce, ma questo si estende, può davvero caminare. Pazzesco".

Da come parli, sembra che tu ti ponga anni luce oltre la semplice cultura tecnica del tree climbing…

"Per me gli alberi sono prima passione e poi mestiere. E poi c’è il discorso culturale, e quello educativo. È vero, prima di tutto ho sempre frequentato gli alberi per il mio piacere, ma alla fin fine è un po’ poco, e il bilancio non quadra se non cerchi anche di trasmettere quello che hai imparato".

Ma in fin dei conti, cosa sono, per te, gli alberi?

"La mia famiglia. Ho imparato a relazionarmi con gli altri, dopo aver imparato a farlo con gli alberi. Più conosco le grandi piante, più le apprezzo. Sono convinto che l’albero senta, percepisca, sia molto più sensibile di quanto pensiamo. Credo che arrivi a capire chi ha sopra di sé e che intenzione ha l’arboricoltore. Lo dico sia da un punto di vista tecnico-scientifico, sia da un punto di vista che riguarda le sensazioni.

E lo stesso, se vuoi, capita per l’uomo che lavora sull’albero, perché si trova a utilizzare due diversi criteri decisionali: uno è razionale, dettato da ciò che si è imparato nel corso del tempo a contatto con il mondo vegetale; l’altroè  istintiva: tagli quel ramo perché intuisci che è giusto farlo. D’altra parte, se torni  dopo qualche anno, vedi perfettamente come l’albero ha reagito al tuo intervento, e capisci se l’hai aiutato o se hai fatto dei danni".

@ SUPERALBERI

Insomma: tutta la tua vita ruota intorno agli alberi.

"Davvero. E pensa che qualche anno fa avevo mi sentivo "drogato" dal lavoro quotidiano sugli alberi. Detta così, la cosa sembra una stupidaggine, eppure… In fondo tutti i giorni io mi trovo ad assorbire le essenze vegetali, gli odori, i succhi. È una questione chimica, è un fenomeno che senti, che avverti perfettamente".

Dove avete intenzione di arrivare, con Superalberi?

"Personalmente, il mio obiettivo è quello di arrivare ad avvicinare la gente agli alberi più grandi e più vecchi del mondo, magari con un programma graduale, partendo ovviamente dall’Italia. Però nel frattempo conto di migliorare ulteriormente il livello della squadra, e quindi di lavorare come si deve sulla comunicazione.

Anni fa collaborai con Piero Angela ad un programma televisivo di divulgazione scientifica. Tutto molto interessante, ma Angela mi disse che purtroppo l’albero non è televisivo. Sulle prime pensai che avesse ragione. Poi ho scoperto che quel giudizio è vero solo in apparenza. Perché esiste un modo per raccontare e appassionare chi è interessato, e vorrei riuscire a metterlo in pratica.

E infine mi piacerebbe, oltre al lavoro di cura degli alberi, sviluppare l’interesse della gente, raccontando storie e mostrando il valore del patrimonio naturale della Terra".

 

Intervista a cura di Roberto Mantovani, foto @Su Per Alberi

Per maggiori info > www.superalberi.it

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